Turismo in Italia: l’articolo di Romano Prodi.

piccole dolomiti

Turismo in Italia. Un argomento di quelli stile “spariamo sulla croce rossa”, adatto a chi vuole entrare in politica e farsi subito notare con un argomento scottante. Perché dunque Romano Prodi il venerdi annuncia che lascia la politica e non va a votare nemmeno le primarie del PD, e l’immediato lunedì dopo (11 novembre 2013, festa di San Martino), pubblica questo articolo sul Gazzettino?

Turismo in Italia. Atto Primo. L’incipit dell’articolo è un artifizio retorico per indurre alla lettura. Dice: il 10% dei lavoratori italiani è impiegato nel turismo, il 10% del PIL è rappresentato dal turismo, ma solo all’1% (cioè al 10 del 10) glie ne importa qualcosa. Evidentemente i primi due numeri (più o meno) hanno un fondamento, l’ultimo è totalmente divinato per fare una proporzione “scenografica” (tipo Vangelo: 7 volte 7, 7 mariti etc. etc.). Io direi che se ne parla invece troppo a vanvera, e da troppi personaggi che vogliono guadagnare spazi. In ogni caso il risultato finale non cambia molto…

Turismo in Italia. Atto secondo. Ecco l’argomento “clou”, la vexata quaestio della mancanza di un ministero che se ne occupi, la mancanza di una strategia nazionale, pur essendo un settore in crescita. Ovviamente il riferimento è all’incoming, non certo all’outgoing che risulta asfittico da molti anni. E non manca il riferimento alle bellezze italiane ed al fatto che in Europa siamo terzi anziché primi (in realtà scenderemmo se prendiamo il mondo come riferimento).

Collegato all’argomento di cui sopra, c’è ovviamente la disquisizione sul titolo V della Costituzione. Il famigerato referendum che ha demandato alle regioni la materia turistica ha fatto sì – come rileva Prodi – che i budget di promozione nazionale all’estero siano frammentati, e perciò potremmo trovare in giro per il mondo l’ufficio di promozione turistica della Sicilia, e nella Fiera di settore il banchettino dell’Abruzzo.

Il resto dell’articolo si disperde dalla riforma dell’ENIT (molte volte evocata), alla necessaria riqualificazione delle strutture (e chi non la vuole) all’investimento sulle risorse umane (magari!) fino agli aspici affinché l’attuale governo proceda al fine di creare nuovi posti di lavoro. Mezzo milione di nuovi posti di lavoro potenziali: vi ricorda qualcosa?

L’articolo che si trova facilmente su Internet (Turismo in Italia un’altra risorsa sprecata 11/11/2013) è – tutto sommato – abbastanza condivisibile, anche perché le argomentazioni sono piuttosto ovvie. Da persona che da 10 anni vive il turismo dall’interno ed anche da cittadino avrei qualcosa da aggiungere:

E’ vero che manca un coordinamento nazionale, un Ministero o chi per esso che tessi le fila della strategia turistica italiana non solo a breve, ma anche con una visione di medio-lungo termine. Il problema è che quando lo abbiamo avuto, è stato largamente deficitario su molti fronti. Non basta che ci sia un uomo, bisogna che l’uomo sia competente in materia; non solo, essendo le problematiche attorno al turismo le più varie (porti, trasporti, riforma dell’IVA 74ter, efficienza della distribuzione, certificazione della qualità ricettiva, costruzione del prodotto culturale attorno alle bellezze italiane, orari e politica dei musei, eventi e manifestazioni… elenco esemplificativo non esaustivo) è necessario che questo stratega si attorni di uno staff altamente qualificato.

Quando si cerca di fare queste cose qualcuno si alza e dice: ma sono dei tecnici! Va bene, piuttosto che di politici privi di competenza preferisco dei tecnici. A dire il vero vorrei dei politici (cioè delle persone che abbiano un’idea di società) che abbiano delle competenze tecniche; questo vale non solo nel turismo ma anche nell’economia, nella sanità, nello sviluppo… chiediamo troppo?

Prodi è stato troppo buono nell’articolo, non dice la fine che potremo fare. Similmente al campo della moda, dove facciamo nascere le griffe per poi cederle all’estero (salvo alcuni ottimi esempi contrari), anche l’organizzazione turistica italiana rischia di fare gola ad operatori stranieri che vengano a sostituirsi alle nostre inefficienze e farraginosità. Questa cosa non mi appare più come uno scenario così strano e – parafrasando Manzoni – se non ci sbrighiamo sul serio non avremmpo più fiato per dire “al germano giammai: va, raccogli ove arato non hai; spiega l’ugne, l’Italia ti dò”.