All’interno del Metaverso si può fare tutto ciò che ci è concesso nella vita reale, come lavorare e giocare. Ad esempio, creare un Avatar, ovvero una propria identità digitale, con la quale partecipare a riunioni di marketing, salvo poi unirsi ad un concerto di musica classica assieme ad alcuni amici, acquistare una giacca in una bancarella, usarla o prestarla.
Tranche de vie che però comportano sistemi di pagamento, streaming video, strumenti per la comunicazione aziendale e via dicendo, ovviamente in un contesto di interoperabilità tra sistemi, senza la quale si rischia di relegare il Metaverso a singole bolle 3D niente affatto comunicanti (che è poi, come vedremo in un prossimo articolo, l’impressione che molti hanno oggi di questo mondo virtuale).
Sta di fatto però che molti hanno creduto e credono nello sviluppo di questa sorta di copia digitale del mondo in cui viviamo, a partire da Mark Zuckerberg, addirittura ribattezzando Meta la holding da lui presieduta ed acquisendo successivi “pezzi” per comporre un puzzle sempre più completo (il visore 3D “Oculus”).
Nella lista seguono – tra i primi – i produttori di tecnologie hardware (ad esempio il produttore di schede grafiche Nvidia), e ovviamente vari produttori, sviluppatori e ideatori di videogiochi, Microsoft compresa. Segue il mondo legato ai produttori di visori che consentono di “immergersi” nel 3D, produttori di App, di tecnologie social e quant’altro aiuti, faciliti, amplifichi questo tipo di esperienza, come – ad esempio – i sensori per il tatto.
Le aziende guardano al Metaverso come possibile (non ancora probabile) luogo per fare business, anche se i modelli di business non sono così chiari. Fatto sta che si stanno sviluppando business unit o vere e proprie società di consulenza che aiutano le aziende ad entrare in questo Metaverso, centri di sviluppo 3D che disegnano ambienti (case, uffici, sale mostra, sale convegni, arene, stadi) per le aziende che desiderano il proprio spazio, e società di marketing che suggeriscono e implementano per i propri clienti possibili utilizzi del Metaverso (dalla semplice comunicazione a distanza, in occasione di meeting e congressi, all’e-commerce di beni virtuali o reali).
Tutta questa corsa mette a dura prova il sistema di infrastruttura internet sul quale il Metaverso si appoggia (in un precedente articolo spiego che il Metaverso è Internet, un po’ più elaborato ma in sostanza di https parliamo).
Sorrido mentre scrivo di Metaverso e ogni tanto mi salta il collegamento Wi-fi.
Macché 4G! E mentre i gestori investono nel 5G, le necessità di banda e di velocità fanno già presagire un veloce passaggio al 6G. Inutile illudersi, il successo del Metaverso è strettamente legato all’espandersi delle connessioni ultraveloci, espansione in parte limitata dal consumo crescente di energia.
Se tutto proseguisse secondo i programmi, Il Metaverso porterebbe al terzo importante salto tecnologico (dal web 2 al web 3), salto di una importanza dunque simile al precedente (dal web 1 al web 2) quando il web da forma di comunicazione “one-to-many” è diventata “many-to-many”, dunque social.
In realtà, le componenti tecnologiche sono già presenti oggi: bisogna tuttavia procedere facendo pulizia e standardizzazione, attraverso tavoli di lavoro che sono già in atto.
Alcune ricerche (condotte, per esempio, da Facebook) indicano che milioni di utenti sono già pronti a adottare la tecnologia della realtà virtuale e i dispositivi tipici di questo mondo (cuffie, visori, occhiali), e a vivere la propria vita in ambienti online immersivi.
Tuttavia, ad oggi questa strumentazione non è ancora così diffusa, e potrebbero esserci resistenze all’adozione di simili oggetti da ampie parti della popolazione.